Toro Farnese: la scultura antica più grande al mondo. Un capolavoro di realismo e dramma

Una meraviglia artistica e mitologica custodita al MANN

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Napoli è la casa della scultura antica più imponente al mondo, nota come il “Toro Farnese” o il “Supplizio di Dirce”.  È custodita nel prestigioso Museo Archeologico Nazionale(MANN). Quest’opera straordinaria, scolpita da un unico blocco di marmo, pesa 24 tonnellate, arriva fino a quasi quattro metri di altezza e poggia su una base di 9 metri quadrati. La sua grandezza non è solo fisica ma si riflette anche nell’eccezionale realismo con cui sono rappresentati sia l’animale che gli esseri umani coinvolti nel dramma.

La mitologia greca

Il “Supplizio di Dirce” trae ispirazione dalla mitologia greca, iniziando con le avventure travagliate di Antigone, figlia di re Nitteo e il suo coinvolgimento con il potente dio Zeus. La storia si sviluppa in una serie di eventi tragici, includendo il rapimento di Antigone da parte di suo zio Lico, re di Tebe e la successiva persecuzione inflitta a sua moglie Dirce per due decenni. Il culmine della tragedia si manifesta quando Antigone, guidata dal destino e rifugiandosi sul monte Citerone, incontra i suoi figli, Anfione e Zeto.

Scoperta la verità sulla loro madre, i gemelli si mettono in moto per vendicarla. Nel momento chiave raffigurato dal “Toro Farnese”, Dirce viene legata viva a un toro infuriato mentre i gemelli stringono le funi. Antigone assiste impassibile all’orrore. Il gruppo scultoreo rappresenta il momento esatto in cui Dirce viene legata al toro. La donna è terrorizzata e supplica per aver salva la vita.

Un’opera straordinaria

Quest’opera straordinaria, scolpita da un unico blocco di marmo, pesa 24 tonnellate, arriva fino a quasi quattro metri di altezza e poggia su una base di 9 metri quadrati. La scultura cattura in maniera straordinaria l’angoscia negli occhi di Dirce, le sue suppliche disperate, i muscoli tesi dei giovani gemelli che affrontano la crudeltà. Lo sguardo di Antiope che testimonia la drammatica scena e la perfetta resa della creatura animale nel marmo, quasi palpabile nella sua furia. Il “Toro Farnese” non è solo una testimonianza artistica, ma anche una finestra aperta su una delle storie mitologiche più intense e struggenti della Grecia antica. L’opera è una copia romana di un originale ellenistico, risalente al II secolo a.C.

La sua scoperta

Il gruppo scultoreo, insieme ad altre statue di origine greca, venne riscoperto da papa Paolo III e collocato nella sua residenza al Palazzo Farnese. Sebbene il re francese Luigi XIV fosse attratto da quest’opera, non riuscì mai ad acquistarla. Successivamente, la famiglia Borbone ereditò il tesoro e lo trasferì a Napoli nel 1788. Solo in seguito, il gruppo scultoreo, originariamente nella residenza privata, trovò la sua collocazione nel rinomato Museo Archeologico Nazionale di Napoli. Neppure l’autore è noto. Secondo alcuni scritti di Plinio il Vecchio, si ipotizza che il Toro Farnese sia stato commissionato intorno al II secolo a.C. e scolpito da un unico blocco di marmo. Di solito, il gruppo scultoreo viene attribuito ad artisti di Rodi e successivamente trasferito a Roma per arricchire la collezione del politico romano Asinio Pollione.

La sua collocazione a Napoli

L’arrivo dell’opera a Napoli avviene grazie ai Farnese, una famiglia nobile italiana che raggiunse il suo apice di potere durante il Rinascimento. Uno dei membri più noti della famiglia fu Alessandro Farnese, che divenne papa Paolo III nel 1534. Durante il suo pontificato, la famiglia accumulò notevoli ricchezze e collezioni d’arte, molte delle quali all’epoca custodite nel Palazzo Farnese a Roma. Nel 1788, la famiglia Borbone, discendente dei Farnese attraverso il matrimonio di Elisabetta Farnese con il re Filippo V di Spagna, ereditò il Toro Farnese insieme ad altri tesori artistici. Elisabetta Farnese, nipote di papa Paolo III, era originariamente di Parma, membro del casato Farnese, e divenne regina di Spagna attraverso il matrimonio. La famiglia Borbone, in particolare Ferdinando IV di Napoli, decise di trasferire il Toro Farnese a Napoli nel 1788. La scultura trovò la sua collocazione nel Palazzo degli Studi, l’odierno Museo Archeologico Nazionale di Napoli, dove è ancora conservato oggi.

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