Carnevale in Campania: storia e tradizioni di una festa molto amata

Il Carnevale in Campania ha un'importanza che trova origine nella storia; fin dai tempi antichi questo giorno in cui si sovvertono i ruoli e ci si imbatte in scherzi, maschere e coriandoli, è molto sentito in Campania. Questo articolo va alla scoperta della storia, delle tradizioni e del valore del Carnevale a tavola.

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Il Carnevale in Campania è una cosa seria. Una ricorrenza che ha sempre avuto una certa importanza, e che coinvolge ogni anno, indistintamente adulti e bambini. La tradizione vuole che il Carnevale sia celebrato con tutti i crismi: abbondanti maschere, carri allegorici, ma anche in gastronomia. La festa non è tale se non ha il suo culmine a tavola, con i piatti d’occasione che fanno gola a tutti. La storia, le tradizioni e le feste più belle del Carnevale in Campania, trovano ampio spazio in questo articolo.

Carnevale a Napoli

Per Napoli, il Carnevale è sempre stata una festa molto importante, ampiamente celebrata e prevista anche dai più austeri sovrani. A Carnevale ogni scherzo vale, si dice, ma è anche vero che la festa è sempre stata vista come un’occasione per dimostrare tutto il  folklore intrinseco nella popolazione della Napoli capitale. Ad ogni modo, se il Carnevale affonda le radici nell’Antica Roma, il maggior fasto è stato raggiunto durante il regno dei Borboni. Con re Carlo III infatti, il Carnevale era considerato una festa totale, durante la quale tutta la città veniva decorata con festoni, lustrini e colori. Durante le celebrazioni si assisteva ad una vera esplosione di gioia e divertimento, con lo scambio dei ruoli per un giorno, tra popolani e nobili e soprattutto tanto cibo. In quel periodo nacquero gli “alberi della cuccagna”, pensati proprio dal sovrano borbonico: dei tronchi di legno eretti nelle piazze, in cima ai quali era posto ogni genere di leccornia. Il popolo faceva a gara ad arrampicarsi sull’albero, e solo chi vi riusciva poteva accaparrarsi uno di quei beni. La popolazione vi partecipava con grande entusiasmo. Il Carnevale comunque, era una festa apprezzata anche dai nobili, i quali solevano fondersi con la popolazione durante quel giorno, salvo poi concedersi delle cene eleganti e dei balli in maschera per l’occasione.

Le maschere di Carnevale napoletane

Il Carnevale in Campania, un tempo era considerato come un giorno particolare, in cui vengono meno tutte le stratificazioni sociali, in cui gli scherzi, le marachelle e gli sberleffi raggiungono l’apice. Anticamente gli scherzi e gli insulti andavano anche oltre, con il benestare delle autorità disposte a soprassedere per un giorno. Per questo motivo, le maschere di Carnevale, sono irriverenti, talvolta volgari, ma sicuramente conservano un valore tradizionale di tutto rispetto. Esse hanno origine nelle tradizioni contadine e recano in se un forte valore simbolico. Molte maschere sono cadute in disuso, ed è rimasta solo quella di Pulcinella, ampiamente conosciuta e bistrattata a causa del turismo di massa. Tra le maschere più in voga nei secoli precedenti c’era la Vecchia o’ Carnevale: una maschera doppia, interpretata da una persona nei panni di Pulcinella ed un’altra travestita da donna anziana. I due personaggi davano vita ad una vera e propria scenetta, litigando apertamente e prendendosi a botte tra insulti ed epiteti volgari. La scena attirava sempre l’ilarità della popolazione. In questa maschera vi è un forte simbolismo contadino: Pulcinella che percuote la vecchia, significa che sta scacciando via l’inverno per dare spazio alla primavera. Un’altra maschera poco famosa era lo Spagnolo: un soldato vanesio ed arrogante, la cui origine si ebbe durante il periodo della dominazione spagnola, e deriverebbe dal teatro popolare. C’era poi il dottor Cavadenti: un medico vestito con abiti larghissimi ed occhiali smisurati, che girava con una valigetta piena di strumenti medici. La scenetta che veniva imbastita simulava un’operazione chirurgica, con qualcuno che si offriva volontario; dal corpo del malcapitato, il medico faceva fuoriuscire una rapa o un melone, tra le risa del pubblico accorso. Don Nicola invece era la maschera di un avvocato, anche lui sapiente e sbruffone, che veniva ampiamente preso in giro dal popolo. Queste due maschere sono simbolo di come il popolo si prendeva gioco di alcuni professionisti, medici e avvocati, che si vantavano della loro professione. Infine c’era la maschera di Pascalotto: un uomo truccato e vestito da donna che, a ritmo di tamburello, apriva il corteo di Carnevale.

Il Carnevale a tavola

Come in tutte le regioni d’Italia, il Carnevale in Campania ha il proprio culmine nel giorno di Martedì grasso. Ovviamente, oltre ai festeggiamenti, ai carri allegorici e ai coriandoli, il Carnevale si celebra anche a tavola. Per l’occasione dunque, un menù ricco e sostanzioso aspetta i campani, i quali partono sicuramente da una tradizionale lasagna al ragù con polpettine. Si prosegue quasi sempre all’insegna della carne: braciole al sugo o polpette, ma anche spezzatino. Tuttavia il momento più atteso è quello dei dolci. Spazio dunque ai must della tradizione gastronomica campana: migliaccio, chicchiere e sanguinaccio. Il migliaccio è un dolce a base di semolino e ricotta, zuccherato e profumato dall’aroma di millefiori. Questa torta ha origine nella tradizione contadina, dove un tempo le preparazioni a base di miglio erano piuttosto frequenti. Le chiacchiere invece, sono delle sottili sfoglie di impasto, fritte o al forno, spolverate con zucchero a velo. Quest’ultime si accompagnano necessariamente al sanguinaccio: una crema al cioccolato, con svariati aromi, la quale un tempo prevedeva tra gli ingrendienti il sangue di maiale, oggi proibito. I festeggiamenti terminano bene, nel segno dell’allegria e la spensieratezza, se il Carnevale lo si finisce con la buona cucina della tradizione.

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