La zona dei Campi Flegrei è ben nota per essere stata la culla di Greci e Romani, avendoli accolti nelle sue fertili terre per molto tempo.
È proprio per questo che, tutt’oggi, quest’area è disseminata di tracce di queste popolazioni. Una delle più suggestive scoperte, sicuramente, è stata quella del Parco Sommerso di Baia, un’area marina protetta che conserva importanti reperti archeologici, proprio come una Pompei subacquea. Tra l’altro, oltre a conservare incredibili reperti romani, è diventata, grazie ad importanti divieti di pesca e balneazione, un’oasi dove poter ammirare la fauna marina mediterranea, che vive indisturbata tra resti di costruzioni millenarie.
Storia
In epoca romana la costa flegrea era fondamentale al commercio ed alla vita dell’impero. Infatti, Pozzuoli era il porto commerciale per eccellenza, Baia il luogo residenziale più ambito, mentre Miseno era la sede della flotta militare. Insomma, oggi possiamo solo cercare di intuire, guardando reperti come il Tempio di Serapide e i tanti altri sparpagliati nella zona, la magnificenza di quel che era il litorale flegreo in epoca romana. Come è ben noto, però, tutta l’area è soggetta al fenomeno del bradisismo, ovvero all’innalzamento e abbassamento del livello del suolo a causa delle variazioni di volume di una camera magmatica posta nei pressi della superficie. Proprio a causa di questo fenomeno, buona parte delle città romane di questa zona sono sprofondate sotto il livello del mare.
Il ritrovamento del sito
Negli anni ’20, dopo più di un millennio dal passaggio dei romani, il Porto di Baia veniva utilizzato come molo per vari velieri e per i battelli che servivano le rotte di Ischia e Capri. Dato che, però, attraccarvi era molto difficile, a causa delle numerose secche presenti sul fondale, si decise di dragarlo. Fu proprio durante questa operazione che i primi reperti vennero a galla, scoprendo il sito archeologico antistante al porto di Baia. Negli anni ’40, poi, grazie alle foto aeree effettuate dal pilota Raimondo Baucher, venne evidenziata l’area archeologica del “Portus Julius” la quale fu, però, rinvenuta solo negli anni ’60 grazie all’intervento dei subacquei. Successivamente, il Castello di Baia venne affidato alla sopraintendenza per un restauro ed alcune delle sue sale vennero adibite a luoghi di conservazione dei reperti ritrovati sul fondale marino. Negli anni a seguire ci furono ancora numerosi ritrovamenti, tra cui ricordiamo: un complesso termale, la Villa dei Pisoni e resti di pescherie per l’allevamento dei molluschi.
Nel 1987 venne posto il divieto di alterare lo stato dei luoghi. Successivamente, venne realizzato il primo percorso per le visite subacquee al sito e, in seguito al danneggiamento di un punto dell’area protetta da parte di un traghetto, venne impedito il transito di quest’ultimi all’interno del parco. Infine, nel 2002, tutta l’area del Parco Sommerso di Baia è stata dichiarata area marina protetta e, da allora, il patrimonio archeologico, così come quello naturalistico degli ecosistemi acquatici in esso presenti, vengono valorizzati e tutelati.

Le aree sommerse del parco
Oggi il parco si divide in ben tre zone che è possibile ammirare con emozionanti visite subacquee oppure grazie alla barca dal fondale di vetro lì messa a disposizione. La prima è la zona A , nella quale è possibile visitare ben tre siti archeologici. In essa è compreso il ninfeo dell’imperatore Claudio, complesso termale dove, a cinque metri dalla superficie, è possibile ammirare la via herculanea e le ricostruzioni di antiche statue romane, e l’incantevole Villa dei Pisoni, appartenente all’omonima famiglia patrizia romana che, nel I secolo a.C., organizzò un complotto contro Nerone. Di essa rimangono un portico, che circonda un’area che un tempo era il giardino della “domus”, un complesso termale e la zona della casa destinata all’allevamento dei pesci. L’ultimo complesso archeologico appartenente alla zona A è un’altra “domus” romana, chiamata Villa Protiro per via del porticato da cui è caratterizzata. Qui è possibile nuotare attraverso una serie di stanze che, al loro interno, conservano incredibili mosaici che, con piastrelle bianche e nere, creano motivi esagonali.
Vicino alla costa, nella zona B, ad una profondità compresa tra i 3 ed i 5 metri, è possibile ammirare l’incantevole Portus Julius. Mentre si nuota tra i mosaici che lo caratterizzano è impossibile non rimanere estasiati da quello che, una volta, era l’arsenale della flotta di Miseno, costruito durante una guerra civile per volontà di Marco Vipsanio Agrippa.
La zona C, ovvero la secca fumosa, è l’area più incredibile dal punto di vista biologico. Infatti, questa costruzione romana, formata da 12 piloni posti, probabilmente, a protezione del Portus Julius, è un ecosistema che ospita numerosissime specie marine, prime tra tutte le numerose spugne che vivono attaccate ai reperti.
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