Sebeto, il fiume dimenticato: fra leggenda e storia

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La storia del Sebeto è sempre stata legata alla sola leggenda, ma pochi sanno che, in realtà, si tratta di un fiume che ancora oggi è presente (anche se non alla luce in tutto il suo percorso) nella zona est della città di Napoli, attraversando il quartiere di Ponticelli, ma anche la zona delle campagne di Volla e Casalnuovo.

Il mito di Sebeto e Vesevo, due divinità che si combattevano a suon di sassi in mare (il primo) e di lingue di fuoco (il secondo) si tramanda, ancora oggi, di generazione in generazione, ma può essere interessante scoprire dove passasse questo antico fiume e quali vantaggi abbia portato dal punto di vista agricolo e naturalistico, nelle zone da lui attraversate.

Andiamo con ordine.

La storia

Lo storico di Ponticelli, Umberto Scognamiglio, racconta che l’antico casale del quartiere fosse circondato da una terra fertile proprio grazie al passaggio del Sebeto all’interno dei suoi territori. Le acque del fiume irrigavano una terra sconfinata, permettendo così al casale di diventare il maggior produttore di ortaggi, fagioli, grano ed orzo del circondario.

Molta confusione è stata fatta, nel corso dei secoli, da parecchi storici per riuscire a tracciare un percorso preciso del fiume. C’è chi diceva che il Sebeto fosse un piccolo corso d’acqua dall’andamento abbastanza regolare, che scorreva lungo via Pessina, S.Anna dei Lombardi, via Medina e nella piana di Piazza Municipio, fino a sfociare a mare nella zona portuale. Il fatto è che la sua scomparsa, avvenuta dopo il XIII secolo, generò un equivoco: al Sebeto venne, infatti, attribuito per secoli il nome di un altro fiume che scorreva sempre ai piedi del Vesuvio, il Rubeolo. A testimonianza vi sono anche alcuni scritti del poeta J.Sannazaro.

L’identità del Sebeto venne praticamente perduta.

Ma Scognamiglio scende nel particolare: come può essere che un fiume, dal XIII secolo, sia completamente scomparso dalla città? Sono stati, forse, i cambiamenti morfologici a farne perdere le tracce? Qui la tesi si fa più precisa: se l’unico fenomeno vulcanico di rilievo del secolo scorso è avvenuto nel 1538 (ed ha interessato la zona di Arco Felice, quindi non Napoli città), se veramente questo fiume è esistito nei pressi di Piazza Municipio, doveva essere per forza navigabile e comunicante con il mare. In effetti un canale è davvero esistito, fino al 1946, come darsena per battelli a ridosso del porto. Ma chi può dare la certezza assoluta che si trattasse proprio dell Sebeto?

La risposta dello storico arriva immediata: “Al di là di ogni considerazione, l’unico Sebeto di cui conosciamo l’esistenza è quello che ancora oggi bagna la campagna orientale della città di Napoli. Un Sebeto abbandonato dalla inciviltà degli uomini, dimenticato, deviato, seppellito, mai sottoposto a dragaggio, ridotto a uno scolo d’acqua putrida”.

Se oggi è un fiume abbandonato a se stesso, antichi poeti come Virgilio e Sannazaro lo esaltavano, specie su come le sue “fresche e placide acque scorrevano limpide sotto l’ombra dei salici che crescevano sulle sue sponde“.

Ma la città di Napoli come ricorda l’esistenza di questo fiume?

Era raffigurato sulle monete arcaiche della città; la Napoli antica gli aveva anche dedicato un culto e una iscrizione di marmo nei pressi di Porta del Mercato.

Inoltre, una fontana monumentale, detta proprio Fontana del Sebeto, si erge su via Caracciolo, ricomposta e posizionata sul lungomare nel 1939. Insomma: il fiume Sebeto è proprio quello delle campagne della zona orientale, quello che nasce dal Monte Somma e scende verso Volla e che, nei secoli passati, raggiungeva anche le mura di cinta della città di Napoli.

Storia e leggenda

La storia vera e propria può affiancarsi tranquillamente alla leggenda delle due divinità che abbiamo citato all’inizio, delle loro battaglie e dell’amore per la ninfa Leucopetra, figlia di Nettuno, che entrambi volevano conquistare. Una sfida che portò Vesevo al silenzio per secoli e Sebeto a sparire sottoterra.

 

Con citazioni tratte dal libro dello storico Umberto Scognamiglio: “Ponticello: Casale Regio Napoletano. Cenni storico - preistorici"

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