La Grotta della Dragonara e la Villa di Lucullo a Miseno

A Bacoli, comune dei Campi Flegrei, sono presenti due monumenti di grande rilievo, non sempre presi in considerazione da passanti e turisti: la grotta della Dragonara e la Villa di Lucullo. In quest'ultima, secondo quanto scritto da Tacito, probabilmente vi morì Tiberio.

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Bacoli è un affascinante comune dei Campi Flegrei, una terra decisamente rinomata e ricca di storia e leggende. Infatti, basta fare una semplice passeggiata per le strade più conosciute del comune, per imbattersi in monumenti storici di rilevante importanza e siti archeologici tra i più conosciuti e apprezzati!

Oltre ai reperti più rinomati, questa splendida cittadina ne “nasconde” altri, altrettanto degni di nota, bensì solo meno fortunati in quanto poco conosciuti anche dai cittadini del luogo.

Una menzione particolare va infatti alla Grotta della Dragonara e alla Villa di Lucullo, i quali, situati entrambi a pochi passi l’uno dall’altro, nella frazione di Miseno, non sono sempre valutati correttamente dai turisti che giungono in visita dei Campi Flegrei, né tanto meno dalle autorità, che potrebbero farsi vanto anche di questi due gioielli davvero speciali.

Miseno

Miseno deve il suo nome alla leggenda omerica che qui pone il sepolcro del compagno di Ulisse, trasformato da Virgilio nel trombettiere di Enea.

Già porto cumano, la frazione di Bacoli ebbe un posto preminente nella celebre organizzazione militare augustea.

Su ideazione di Marco Vespasiano Agrippa, proprio in questo splendido luogo, vi fu collocata una base navale del Tirreno.

Tra i prefetti più celebri della Classis Misenensis, amanti del posto, ricordiamo: Tiberio Claudio Aniceto che mandò i suoi sicari a assassinare Agrippina, madre dell’imperatore Nerone, e Plinio il Vecchio, il quale morì durante l’eruzione del Vesuvio nel 79 d.C. (come racconta Plinio il Giovane in una lettera inviata allo storico Tacito).

La Grotta della Dragonara e la Villa di Lucullo

La Grotta della Dragonara è, con ogni probabilità, un’antica cisterna molto capace che misura 50×509 m., interamente scavata nel tufo e divisa in 5 navate da 4 file di pilastri irregolari che sorreggono una volta a botte, la cui altezza varia dai 3,50 ai 7 metri. È visibile in quanto decisamente imponente, e vi si può fare l’accesso dalla meravigliosa spiaggia di Miseno. Certo, la cisterna di cui parliamo era sicuramente meno maestosa della vicina Piscina Mirabilis, essendo quest’ultima pubblica e dalla straordinaria ampiezza, ma è comunque un grandissimo esempio di antica architettura.

Il ruolo della Grotta della Dragonara, infatti, era di grande importanza: faceva parte di quelle infrastrutture funzionali alla flotta di stanza nelle acque di Miseno e, con ogni probabilità, si lega a quel complesso monumentale più ampio e inedito che si prolunga nell’affascinante mare della città. Un mare tra i più diversi e tra i più belli, insito di storia al pari della terra ferma.

Poiché questa struttura è molto vicina alla cosiddetta Villa di Lucullo, alcuni studiosi hanno avanzato altre ipotesi riguardo la sua funzione. Questi hanno considerato non solo la posizione particolare di entrambi gli edifici, ma anche il modo in cui sono collegati: la Villa di Lucullo è infatti situata nel tratto di costa adiacente alla Grotta stessa. Questi elementi, in tal modo relazionati, hanno fatto ipotizzare che queste due strutture, in tempi antichi, fossero collegate.

È sempre in questo tratto che si aprono diversi ambienti scavati nel tufo e rivestiti in cacciopesto, al di sopra dei quali sporgono dalla roccia avanzi di altre strutture in pera vittata, reticolata e laterizia.

Questi, forse resti di ninfei e peschiere, dovevano essere parte della grande villa eretta sul promontorio, da molti riconosciuta come tra le più importanti e magnificenti della zona.

La sontuosa villa, con grande probabilità, appartenne prima a Mario e poi a Lucullo. Quest’ultimo la trasformò adibendola a lussuosi spazi.

Molti poeti rimasero affascinati dalla bellezza di questi luoghi così vari. Ricordiamo, tra i tanti, Tacito e Fedro. Il primo raccontò che in questa proprietà, che dovette poi essere incamerata a demanio imperiale, vi morì Tiberio. Il secondo la descrive come “posta sull’alto colle dalla mano di Lucullo, affacciata da un lato sul mare di Sicilia e dall’altro sul Tirreno”.

Nel primo ambiente è facilmente riconoscibile un ninfeo o un piccolo impianto termale, nota ai posteri come bagno del finocchio.

Oggi purtroppo il sito non splende come dovrebbe. Tuttavia, vale davvero la pena farsi una passeggiata da queste parti così ricche di cultura, per esplorare le meraviglie che regala il territorio da terra sino al mare. Poter apprezzare questi luoghi è un modo per renderli vivi e per far si che, chi di dovere, possa a sua volta trasformarli in siti archeologici dalla grande fama.

 

Fonte e foto:

-I Campi Flegrei, un itinerario archeologico; a cura di: Paolo Amalfitano, Giuseppe Camodeca, Maura Medri.

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