Sinopsis: rosso pompeiano
La terra campana è disseminata in ogni dove di resti e rovine dei vari popoli che, nel corso della storia, hanno trovato dimora e rifugio nei suoi incantevoli luoghi: primi fra tutti furono i greci e, successivamente, i romani.
Molteplici sono le testimonianze che questi popoli hanno lasciato lungo il territorio, come le intere “urbes”, trovate al di sotto delle colate laviche di Ercolano e Pompei o gli innumerevoli templi e rovine sparpagliati nella zona dei Campi Flegrei.
In moltissimi siti archeologici di epoca romana sono stati ritrovati affreschi e pitture realizzati grazie ad un pigmento naturale molto particolare. Questo, di colore rosso, veniva denominato Sinopsis ed è stato rinvenuto specialmente nei siti di Ercolano e Pompei, probabilmente perché sono quelli che, grazie alla “protezione” delle colate laviche, si sono conservati nella maniera migliore.
Il ruolo del rosso pompeiano
Il nome, tradotto oggi come rosso pompeiano, rosso Ercolano o terra di Pozzuoli, deriva da Sinope, antica città turca dove apparve per la prima volta, secondo Plinio, questo pigmento. Il Sinopsis è un’ocra rossa di origine naturale contenente ossido di ferro, che veniva realizzata con gli scarti di lavorazione del cinabro (solfuro di mercurio) che lo rendeva piuttosto costoso ed anche tossico (infatti, più tardi venne rimpiazzato). Questo colore è diventato, quindi, il “marchio di fabbrica” degli scavi di Pompei ed Ercolano, poiché rinvenuto nelle splendide ed eleganti ville dei patrizi romani.
La verità sul Sinopsis
La cosa incredibile è che recenti studi, portati avanti dall’istituto Nazionale di Ottica del CNR di Firenze in collaborazione con l’Università Suor Orsola Benincasa di Napoli, affermano che il colore che oggi adorna queste rovine romane non è altro che il frutto di una reazione chimica del pigmento originale con i fumi e l’immenso calore derivanti dall’eruzione del Vesuvio del 79. Effettivamente, anche ad’occhio nudo, se si osservano con attenzione gli affreschi ed i muri interessati, lungo le pareti si può notare una discontinuità cromatica che va a formare delle specie di chiazze di colore giallo. Si ipotizza, infatti, che l’ocra che oggi ci appare rossa fosse, in realtà, gialla ma con notevole suscettibilità al calore; questa sua proprietà era, tra l’altro, conosciuta già nell’antichità come testimoniano alcuni scritti di Vitruvio e Plinio. Dunque, si potrebbe pensare che l’immaginario dell’intera odierna comunità sia sbagliato e che il colore che immediatamente colleghiamo alle ville dei patrizi romani sia solo frutto di uno “scherzo” giocatoci dalla natura.
“Le pareti attualmente percepite come rosse sono 246 e le gialle 57 ma, stando ai risultati, in origine dovevano essere rispettivamente 165 e 138, per un’area di sicura trasformazione di oltre 150 metri quadrati di parete” ha affermato il ricercatore Sergio Omarini, confermando che molte delle pareti erano originariamente gialle e che solo una parte era davvero decorata di rosso pompeiano anche prima dell’eruzione del Vesuvio.