I Pomodori del Piennolo: una DOP tra storia e tradizione
Lungo il profilo del Vesuvio, dalla sua fertile terra lavica, nasce un prodotto tutto campano che, da sempre, domina le tavole dei partenopei: il pomodorino del piennolo.
Si tratta di un prodotto che si può ottenere solo su di un suolo lavico e ricco di minerali e, di conseguenza, è impossibile da coltivare in altre zone: proprio in base a questo, nel 2009 ha ottenuto la certificazione DOP (Denominazione di Origine Protetta). Si dice che questi pomodori si nutrano, grazie alle loro lunghe radici, della lava del Vesuvio ed è da ciò che, secondo la tradizione, deriva il loro colore rosso intenso.
Caratteristiche
Il Lycopersicon esculentum, questo il suo nome scientifico, ha caratteristiche organolettiche estremamente particolari ottenute grazie alla selezione genetica svolta dagli agricoltori su vari ecotipi di pomodorini campani, come “Fisichella”, “Lampadina”, “Re Umberto” e tanti altri. Questi tradizionali pomodori, con la loro particolare forma tonda caratterizzata da un “pizzo”, anche detto “curniciello”, posto sull’estremità inferiore, sono stati protagonisti di diverse opere d’arte e sono riusciti a conquistarsi un posto nel classico e famoso presepe napoletano.
Rinomato per il gusto dolce ed acidulo della sua polpa dovuto all’alta concentrazione di zuccheri, acidi e sali minerali, e per la sua buccia spessa e coriacea, questo ortaggio viene coltivato con metodi tradizionali che si tramandano da generazioni nelle famiglie di agricoltori: in sostanza, se ne sorreggono le piante con fil di ferro e paletti di legno, in modo che i loro frutti non tocchino terra e ricevano la radiazione solare in modo omogeneo; in questo modo, avviene una maturazione contemporanea. Inoltre questo tipo di coltivazione è a basso impatto ambientale, poiché la crescita ottimale necessita di poca acqua e, di conseguenza, si rende particolarmente adatta all’area protetta del Parco Nazionale del Vesuvio.
Grappoli rossi
Per poter identificare un pomodorino come “del piennolo”, oltre all’ecotipo dei semi ed al luogo di coltivazione, bisogna far caso al metodo di conservazione. È proprio da qui, infatti, che deriva il toponimo “piennolo”, poiché la tecnica tradizionale prevede che, una volta raccolti i pomodori, vengano raggruppati in grappoli, piennoli appunto, legati fra loro grazie ad un filo di canapa e appesi in luoghi areati.
Questa metodologia permette una lenta maturazione delle bacche e, di conseguenza, una lunga conservazione del prodotto grazie, soprattutto, all’elevato spessore della buccia che è in grado di conservare e salvaguardare la freschezza della polpa e le sue qualità organolettiche per addirittura 7-8 mesi dopo la raccolta.
Cucina e benefici
Il frutto rosso del Vesuvio è alla base di numerosi piatti tipici della cucina campana e può essere consumato sia fresco che dopo la tipica conservazione in “piennoli”.
Oltre ad essere delizioso ed adatto a qualsiasi ricetta, il pomodoro del piennolo contiene numerose sostanze benefiche per l’organismo: prima tra tutte il licopene, un efficace antiossidante che recenti studi individuano come anti-cancerogeno e regolatore della concentrazione dei trigliceridi nel corpo; inoltre, è ricca sede di vitamine, specialmente la A e la C, anch’esse antiossidanti, in grado di contrastare l’azione dei radicali liberi.