Il Miglio d’oro che corre tra i comuni vesuviani

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Il Miglio d’oro, definito così non solo per la presenza delle sontuose ville vesuviane del Settecento e per i suggestivi paesaggi, ma anche per la ricchezza dei giardini pieni di pometi (arance, limoni e mandarini) ivi presenti, è un tratto della strada Tirrena inferiore (chiamata anche Strada Regia delle Calabrie) che parte dal quarto miglio a Villa De Bisogno di Casaluce, su Corso Resina a Ercolano, e arriva al Palazzo Vallelonga a Torre del Greco.

La storia

Quando Carlo di Borbone, nei primi anni del suo Regno su Napoli, visitò la villa del duca d’Elboeuf, rimase così affascinato dalla bellezza del paesaggio e attratto dalla dolcezza del clima, che decise di trasferirsi in riviera vesuviana con la coniuge Maria Amalia di Sassonia, commissionando ad Antonio Canevari la costruzione della Reggia di Portici.

Quest’ultima venne edificata prima della più maestosa Reggia di Caserta e, seppur più modesta, include al suo interno un ampio parco con il giardino all’inglese.

Nello stesso anno (1738), Re Carlo appoggiò la prima campagna di scavi per riportare alla luce le rovine dell’antica città di Ercolano.

Un tesoro architettonico e paesaggistico

Gli incantevoli panorami su tutto il golfo di Napoli, con vista su Capri, Ischia e Procida, e il peso notevole della presenza della dimora reale, fecero in modo che l’intera corte napoletana e molti altri nobili si trasferissero, entro la metà del Settecento, in questo tratto campano, dando vita, appunto, alla zona del Miglio d’oro. Molte ville, con i relativi giardini, furono costruite in un misurato stile tardo-barocco tendente al roccocò, insieme ad altre che, invece, annunciavano uno stile neoclassico, commissionate ad architetti importanti come Luigi Vanvitelli, Ferdinando Fuga, Ferdinando Sanfelice e molti altri.

La struttura delle ville era analoga: la facciata era esposta sulla strada del Miglio ed erano affiancate da alcune zone di sosta per facilitare lo scorrimento delle carrozze. Un elemento immancabile era il giardino, spesso separato dall’edificio e accessibile attraverso terrazze, scale o intricati vialoni; all’epoca si faceva quasi a gara per avere il più bello, per poter mostrare a tutti la propria superiorità.

Grazie a questo spettacolare complesso, la città di Ercolano si arricchì con alcuni degli esempi più notevoli di tutto l’immenso patrimonio architettonico, unico al mondo, delle ville settecentesche; il sito conserva, tutt’ora, una bellezza singolare che si rivela, soprattutto, all’alba e al tramonto, quando la luce non troppo intensa permette di cogliere le incantevoli linee architettoniche in ogni particolare.

La salvaguardia

Gli eredi degli aristocratici borbonici, tutt’oggi proprietari delle ville lungo il Miglio d’oro, non furono in grado di preservare e salvaguardare la loro tenuta, già messa a dura prova dai saccheggi e dai bombardamenti della Seconda Guerra Mondiale.

Il Parlamento Italiano, con la legge n.578 del 29 luglio 1971, istituì l’Ente per le Ville Vesuviane con lo scopo di preservare la conservazione di questi luoghi storici e garantire il restauro e la valorizzazione di un patrimonio artistico inestimabile. Centoventidue sono le ville censite e di cui si occupa l’Ente.

Purtroppo, nonostante il grande lavoro per riportare il Miglio d’Oro all’antico splendore, il 17 marzo 2011, è crollata una villa nel comune di Portici, il Palazzo Lauro Lancellotti, da tempo lasciata in uno stato di deterioramento e incuria.

Questo lascia intendere quanto ancora, in realtà, ci sia da lavorare per mantenere alto il livello di interesse dello Stato verso i luoghi di importanza storica e nella valorizzazione non solo delle grandi città, ma anche delle periferie, piccoli luoghi ricchi di arte e memoria.

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