Il Granatello di Portici: l’antico molo borbonico

il porto del Granatello, ormai diventato il simbolo della città di Portici, ritrovo estivo e non di tantissimi ragazzi, attirati dal gran numero di persone che lo popolano

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Tanti sono i luoghi del cuore, quelli che richiamano alla memoria momenti felici e spensierati, magari passati con gli amici di sempre durante le calde sere estive.

Uno di questi, per molti, è il porto del Granatello, ormai diventato il simbolo della città di Portici, ritrovo estivo e non di tantissimi ragazzi, attirati dal gran numero di persone che lo popolano, per una passeggiata o per approfittare della movida offerta dal gran numero di bar e locali adiacenti.

Portici: una cittadina in continua evoluzione

Portici, con i suoi 55.000 abitanti, è uno dei comuni più popolosi della provincia di Napoli. Il suo nome deriverebbe da “Portus”, l’antico porto di Ercolano posto sul litorale porticese, mentre il toponimo “Granatello” sarebbe legato alla presenza di alberi di melograno, scomparsi agli inizi del ‘700 a causa di un’eruzione del Vesuvio. Proprio questi tremendi eventi naturali hanno determinato il continuo cambiamento dell’area del Granatello, che ora si estende tra la Villa Menna e il porto vero e proprio.

Origini e storia

Com’è nato il porto? La sua origine è indissolubilmente legata alla Reggia di Portici: nel 1740, Carlo di Borbone, dopo aver commissionato l’edificazione della residenza borbonica, fece costruire il cosiddetto “Fortino del Granatello” per impedire gli attacchi esterni dal mare. Nel 1773 il suo successore, Ferdinando IV, intraprese un percorso molto impegnativo, soprattutto dal punto di vista economico (si stima che furono spesi oltre 30.000 ducati), che prevedeva la trasformazione del fortino in un vero e proprio porto, con due moli. Il progetto fu affidato all’ingegnere Carrabba e i lavori si conclusero ufficialmente nel 1780.

Dopo la caduta dei Borbone, il porto divenne sempre più uno scalo commerciale, grazie anche alla costruzione in zona di depositi e magazzini che incrementarono l’attività mercantile, permettendo anche il transito dei cosiddetti “gozzoni“, cioè grosse barche a vela adibite al trasporto di agrumi, olio, grano, legno, calce, pietra lavica e cereali.

Il Granatello, però, ha avuto il suo periodo di massimo splendore durante la Seconda Guerra Mondiale, quando diventò vero e proprio satellite del porto di Napoli.

Dello scenario porticense fa parte anche il famosissimo Bagno della Regina: emiciclo a due piani con cabine disposte su una balconata a ferro di cavallo, che costituisce il primo esempio di architettura balneare in Europa.

Oggi

Oggi il porto, grazie ai buoni lavori di riqualificazione svolti una decina d’anni fa sotto l’amministrazione Cuomo, da luogo di abbandono e degrado è diventato simbolo della movida vesuviana e punto di riferimento per sempre più giovani che lo scelgono per trascorrere le loro serate.

 

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