“Furore rima d’amore”: il Giardino della Pellerina a picco sul mare

« C’era una volta, nel “Paese che non c’è”, una coppia di innamorati: sartina lei, marinaio lui…». Molto più dell'incipit di una favola.

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Furore, il “Paese che non c’è”, ospita un luogo dedicato all’ amore e agli innamorati: Il Giardino della Pellerina. Un piccolo pezzo di paradiso collocato nell’area al di sopra della Chiesa di San Michele.

Una struttura stupefacente che aderisce all’ iniziativa dei Borghi più belli d’ Italia con un panorama mozzafiato.

I viali, le piazze e le panchine dell’amore

Il progetto del parco urbano per la “ San Valentino romantica”, è un vero e proprio rifugio d’ amore per tutti.

Il primo nome che risalta alla mente pronunciando parole come amore, romantico e San Valentino è l’ imprescindibile Cupido. Infatti la passeggiata lungo questo parco ha inizio proprio dal cosiddetto viale Cupido che conduce alla piazzetta Afrodite.

La toponomastica ha un fine ben preciso.

Lungo i lati, il viale presenta 40 pilastri in maiolica che ricordano un po’ i colonnati di Capri o quelli di Villa Rufolo a Ravello.

Altrettante panchine costeggiano i fianchi del viale con delle iscrizioni sulla spalliera di frasi o versi romantici tratti da famose canzoni e poesie. Tra gli autori presenti: Rossellini, Prevert, Erri De Luca, Giuseppe Liuccio, Domenico Modugno.

Panchine. il Giardino della Pellerina
Panchine, il Giardino della Pellerina, tgcom24.mediaset.it

La minuziosa creatività del progetto si sviluppa sulla piazzetta con una fontana detta “ delle sette cannelle”, su cui si sviluppano medesimi rubinetti uno per ogni archetipo dell’ Amore: Ludus, Eros, Pragma, Ephitumia e così via.

Il cammino culmina in un momento ascetico, percorrendo un ponte tibetano per accedere ad una casetta sull’ albero: una vera e proprio favola d’amore, “ due cuori e una capanna”.

Infine poco distante è viva una fontana dai tratti magici, “ l’alcova liquida”, che è composta da un tubo a cerchio al cui interno gli innamorati possono azionare un pulsante che provoca zampilli alti circa 3 metri, costituenti una barriera visiva che dona alla coppia di innamorati un momento lontano dagli occhi di tutti. Un nascondiglio segreto.

Tra mito e leggenda

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Il Giardino della Pellerina, panchine a picco sul mare, amalfinotizie.it

Riprendiamo la favola dall’ incipit:

« C’era una volta, nel paese che non c’è, una coppia di innamorati: sartina lei, marinaio lui. Il loro amore era però contrastato dai genitori di lei: “ Mamma non vuole e papà nemmeno, come faremo a fare l’amor?”

“ L’amore lo faremo di nascosto…”

I due giovani spasimanti così s’incontrano furtivamente tutte le sere al calar del sole in una grotta al limitare del bosco, sul ciglio di una rupe che precipita nel Fiordo».

Ma una brutta sera, una spaventosa tempesta, una di quelle che hanno dato il nome alla Terra Furoris, impedisce al marinaio di mantenere la sua promessa.

« Da qui l’espressione “ promessa di marinaio” – aggiunge il Sindaco Ferraioli, all’inaugurazione del parco – Lei lo aspetta, paziente, per ore e poi per giorni, per mesi, per anni. Ma invano. La ragazza non si rassegna e corre, va dove la porta il cuore, puntuale all’appuntamento, come in pellegrinaggio tanto da meritarsi l’appellativo di “ Pellerina”, versione dialettale di “ Pellegrina”».

Ma del suo innamorato nessuna traccia. Scomparso. Travolto dalla furia del mare o rapito da un’altra donna? Il dubbio si fa atroce. Le speranza si intiepidiscono.

« La ragazza decide di farla finita e si butta giù dalla rupe. Butta in furorese è “ votta” e quindi “ Vottara” si chiamerà da allora la rupe – prosegue il racconto – Le sue grida si fanno canzone, dolce melodia. Nelle notti di tempesta le grida disperate della fanciulla riecheggiano nella gola, mormorano fra gli alberi, sibilano nel vento. “ Stretta la foglia, larga la via, dite la vostra, io ho detto la mia!”. E sempre stata questa la chiosa dei “ cunti antichi”, insieme alla famosa “ e vissero tutti felici e contenti”».

La favola che supporta la ragione d’esistere del parco dona l’impronta classica al parco, ben voluto dal Sindaco. Ma non solo, è anche un nome che trova la sua forza dunque nelle radici della cultura locale.

fonte del mito: http://amalfinotizie.it

Il borgo marinaro di Furore

Il punto luce della Costiera Amalfitana, Furore, in provincia di Salerno è stato dichiarato nel 1997 Patrimonio mondiale dell’Umanità dall’UNESCO.

Il borgo è diviso in tre contrade: Sant’ Agnello, Sant’ Elia e Santo Jaco.

È più comunemente conosciuto come “ paese che non c’è” poiché le abitazioni sono sparse lungo i monti Lattari e non appaiono in vista.

Una scoscesa scalinata, poi, conduce al famoso Fiordo di Furore con una spiaggia di soli 25 metri e il borgo marinaro, che come già detto, è stato inserito tra i Borghi più belli d’Italia.

Origine

Furore deriva dall’antico nome Terra Furoris, in riferimento alla furia dell’infrangersi delle onde sugli scogli. In origine un casale della Regia città di Amalfi poi divenuto roccaforte romana.

Il Fiordo di Furore, è una ria ( insenatura costiera perpendicolare all’andamento della costa, prodotta dall’invasione di un tratto di valle fluviale da parte del mare) che ha avuto origine dal continuo scavare del torrente Schiato, ed è sempre stato un porto naturale favorevole al commercio via mare al riparo dagli attacchi dei nemici.

 

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