Tra le bellezze di Baia: il tempo di Diana
A Baia vi è un antico monumento dedicato a Diana, dea protettrice della fauna selvatica.
Nei pressi della piazzetta di Baia, piccola frazione del comune di Bacoli, vi è un antico monumento che sappiamo essere dedicato a Diana, dea romana protettrice della fauna selvatica. Infatti, al proprio interno, alcuni antiquari napoletani, hanno individuato dei bassorilievi marmorei rappresentanti cani, cervi, pesci, e scene di caccia, oltre che ad un frammento di fregio ove sembrava fosse stato scritto il nome di Diana.
Lo stato del monumento è alquanto singolare: metà della circonferenza è ormai andata perduta, poiché l’altra metà è intatta, si può, senza ombra di dubbio, risalire alla corretta misurazione dell’altezza del tempio.
Il tempio di Diana è la più grande delle cupole baiane, isolata dal Parco Archeologico tanto stimato e considerato. Sorge nell’area attualmente occupata da un podere, proprio dinanzi alla stazione ferroviara della vecchia Cumana.
Il sito fa parte del complesso archeologico di Baia. Oggi è visibile solo una parte di quanto fu costruito dagli antichi, dato che la maggior parte delle opere rimanenti si trovano sotto il libello del male, sprofondate a causa dei fenomeni bradisismici.
Il monumento, in sintesi, si presenta come una grande aula a pianta circolare iscritta in un ottagono.
È realizzato in opera mista regolarmente formata dall’alternanza di due filari di sottili laterizi rosso scuro con uno di lunghi tufelli, è, come dicevamo, a pianta ottagonale all’esterno e circolare all’interno. Gli anelli interni sono, quindi progressivamente aggettanti, costruiti con schegge di tufo e laterizi. Con un diametro di 29,50 metri, il tempio presenta il suo ingresso aperto sul lato meridionale.
Inconsueta è l’architettura del monumento: la grande cupola oggi dimidiata evidenzia, sul tamburo finestrato, una sezione ogivale estranea ai canoni della tradizione romana.
Nella parte inferiore, probabilmente dovevano esservi quattro nicchie, mentre, ancora ben visibili, sono i quattro finestroni nella parte superiore. Questi, muniti di doppia ghiera di bipedali, si alternano a nicchie cieche a arco ribassato con semplici ghiere di sesquipedali.
Se all’interno gli indizi hanno fatto sì che il “tempio” fosse riconducibile a Diana, nella parte antistante, invece, sono riconoscibili degli ambienti di dubbia identificazione.
Ciò che è certo, comunque, è che essi sono in relazione con il Tempio.
La struttura appare, ai giorni d’oggi, parzialmente interrata. Nonostante in passato sia stata identificata con un tempio da diversi ricercatori e poiché l’edificio appare oggi come il prodotto di cospicui e notevoli interventi edilizi, che le fonti ricordano essere riconducibili all’epoca Severiana, oggi appare in realtà del tutto incerto il reale scopo per il quale è stato creato l’edificio. Tant’è vero che altri studiosi lo hanno inteso come aula termale, forse un sudario o una piscina dalle acque idrotermali provenienti dalla vicina collina. D’altronde l’attività termale di questo luogo incantato è celebre in tutto il mondo, grazie alle lodi di tanti illustri poeti.
Ricordiamo, perciò, che proprio nei pressi di tale sito archeologico, vi sono le Terme di Baia.
Altri hanno riconosciuto nella sala e nel complesso di edifici di cui fa parte, i resti di un sontuoso palazzo imperiale fatto costruire da Alessandro Severo tra il 222 e il 235 d.C., con tanto di stagno per sua madre Giulia Mamea.
Il tempio, sarebbe stato una specie di heroon dinastico, innalzato, quindi, in onore degli antenati e dei congiunti di Alessandro Severo.
A Severo, non fa riferimento solo il Tempio di Diana. Anche la Villa dell’Ambulatio e il Tempio di Mercurio facevano parte del Palatium di Severo, che forse addirittura si estendeva fino al mare.
È grazie alle importanti campagne di scavo del 1941 che si rilevò gran parte della stratificazione delle costruzioni, delle ville e dei complessi termali di cui stiamo parlando.
Il sito archeologico è davvero affascinante. Si consiglia quindi a turisti e non, di dare un’occhiata a questo splendido monumento.
Fonte:
-I Campi Flegrei, un itinerario archeologico; a cura di: Paolo Amalfitano, Giuseppe Camodeca, Maura Medri.